L'Editoriale
Salutare, alleata dell’ambiente e dell’innovazione e ricca di potenzialità di mercato. In altre parole: la noce italiana. La nocicoltura nel nostro Paese vede alcune culle, alcune zone particolarmente vocate alla coltivazione come, ad esempio, la Romagna. Parliamo di un mondo assolutamente da raccontare nel dettaglio. Per questo motivo nasce la Rivista della filiera italiana della noce che state leggendo. Lo spunto viene dalla filiera “In-Noce”, progetto di New Factor, storica azienda riminese alla costante ricerca delle migliori materie prime che trasforma utilizzando tecniche innovative. Del resto, solo chi conosce bene la filiera, e si propone come punto di riferimento per la moderna nocicoltura italiana, sa come raccontarla. Partiremo dalle basi, dalla sostenibilità e dalle potenzialità di questo frutto. Vi racconteremo, prima di tutto, perché le noci fanno bene all’ambiente. Sì, i noceti hanno bisogno di tanta acqua, ma questi alberi assorbono allo stesso tempo enormi quantità di anidride carbonica. Il vero punto di forza delle noci, però, è al loro interno. Da un punto di vista nutrizionale, sono un alleato importante per il benessere dell’organismo: vantano una buona quantità di acidi grassi polinsaturi, in particolare acidi grassi omega-3, e sono ricche di proteine vegetali, fibre, acido folico e molecole bioattive. Che cosa nascondono questi termini? Semplice: grazie a queste sostanze preziose, le noci svolgono un importante ruolo antinfiammatorio, favoriscono il transito intestinale e garantiscono un’azione antiossidante, con effetti benefici sul sistema immunitario. Le noci, in ogni caso, non presentano solo elementi di forte potenzialità sul mercato italiano, ma, per certi versi, sono già una certezza. Come illustra il report che proponiamo in queste pagine, sono il prodotto con la più elevata frequenza d’acquisto all’interno della categoria frutta secca e disidratata: il 35% dei clienti consumatori le comprano almeno una volta a settimana. Per capire quali siano i punti di forza viene subito da chiedersi quali siano le motivazioni di acquisto che portano alle noci. E scopriamo, così, che questo prodotto si differenzia all’interno della categoria sia per il valore salutistico che per il piacere del gusto attribuito dai consumatori. I benefici e l’attenzione da parte dei produttori restano massime dal noceto allo scaffale del supermercato. Tutto
questo si riassume in una frase: filiera che funziona. Il viaggio alla scoperta della nocicultura italiana è solo iniziato.
La Nutrizionista Dr.ssa Francesca Noli | biologa nutrizionista, spec. in Sc. dell’Alimentazione
Gustose, croccanti e appaganti, le noci sono un alimento prezioso per la nostra dieta. Frutto dell’albero del noce (Juglans regia), della famiglia delle Juglandaceae, sono disponibili in diverse forme: fresche o secche, in guscio, sgusciate o ridotte in granella. Sono un alimento perfetto per uno snack sano e un ingrediente in grado di fare la differenza
nella composizione di una prima colazione, un primo piatto o un’insalata. Il processo di essiccazione influisce sulla bontà di questo frutto (anche se sarebbe più corretto parlare di seme, visto che la parte commestibile è il gheriglio): si tratta di una procedura finalizzata a variare il contenuto di umidità relativa (UR o RH) delle noci fresche ad una percentuale inferiore al 12%. L’umidità contenuta nel frutto, quindi la quantità di acqua presente al suo interno, ha una correlazione diretta con il gusto e la soddisfazione al palato. Entrando più nel dettaglio, è interessante notare come per le noci italiane non sia necessaria un’essiccazione spinta: la legislazione prevede un limite massimo di umidità relativa pari all’8%, mentre per lo standard americano il valore si abbassa al 6% alla partenza del prodotto, per poi raggiungere di fatto un livello di UR pari al 3,5% una volta arrivato a destinazione, dopo aver sopportato alte temperature durante il viaggio via mare. Il risultato in termini gustativi è rappresentato da un maggiore appagamento ed una differente concentrazione dei nutrienti per il prodotto locale, che
porta ad affermare che le noci italiane vantano un minore apporto calorico a parità di prodotto consumato.
Dal punto di vista nutrizionale, le noci sono un alleato importante per il benessere dell’organismo: vantano una buona quantità di acidi grassi polinsaturi, in particolare acidi grassi omega-3, e sono ricche di proteine vegetali, fibre, acido folico e molecole bioattive (tocoferoli,
fitosteroli e composti fenolici). Ma non solo: le noci sono anche una miniera di vitamine e minerali (in particolare magnesio, zinco e rame). Contengono inoltre melatonina, di cui sono la principale fonte alimentare. Grazie a queste sostanze preziose, le noci svolgono un importante ruolo antinfiammatorio, favoriscono il transito intestinale e garantiscono un’azione antiossidante, con effetti benefici sul sistema immunitario. Forte delle sue importanti proprietà nutrizionali, la frutta secca, di cui le noci fanno parte, e i semi oleosi sono stati inseriti nel piano settimanale delle “Linee guida per una sana alimentazione” del Ministero della Salute. La porzione standard è di circa 7-8 noci, 20 mandorle o nocciole e 3 cucchiai rasi di arachidi, pinoli o semi di girasole. Su questa base viene suggerita una frequenza di consumo settimanale a seconda dei diversi livelli di assunzione calorica, preferendo i prodotti al naturale.
L' Agronomo Cesare Bendandi | Agronomo dell'Azienda Agricola San Martino
Per crescere in buona salute il noce da frutto ha bisogno di una grande quantità d’acqua. In un contesto caratterizzato da siccità o scarse precipitazioni è una necessità che diventa ancora più forte: questi alberi dalle grandi chiome hanno un’elevata attività fotosintetica e richiedono un importante apporto idrico, soprattutto nel periodo che va da maggio a settembre. A venire in aiuto agli agricoltori è la tecnologia. Grazie all’aspersione sotto chioma tramite mini spruzzatori, i microsprinklers, è ad esempio possibile abbassare la temperatura interna del frutteto. Anche la subirrigazione è un metodo molto diffuso che risponde alla stessa esigenza: si basa sul posizionamento sotto la pianta, a 40 centimetri di profondità, di due o quattro ali gocciolanti auto compensanti. Questa soluzione permette di risparmiare acqua limitando l’evapotraspirazione superficiale del terreno. Nella pratica, di quanta acqua ha bisogno un noce da frutto? La risposta è semplice: dipende. La quantità da somministrare alla pianta tramite irrigazione è infatti fortemente legata alla piovosità invernale ed estiva. Quando l’acqua viene garantita nella giusta misura assicura la sopravvivenza del noce e la produzione di frutti caratterizzati da elevati standard quali-quantitativi. In ogni caso, per conoscere il livello esatto di idratazione della pianta vengono utilizzati moderni sistemi di rilevazione diretta, come ad esempio la camera di Scholander, e sensori elettronici capaci di misurare il livello di umidità nel suolo tramite rilevazione indiretta. Questi strumenti, facili da usare, permettono di ottenere un duplice obiettivo: fornire alla pianta l’apporto ottimale di acqua ed evitare gli sprechi. Un’immagine aiuta a visualizzare con efficacia come misurare il livello di idratazione della pianta: la strumentazione utilizzata permette di rilevare la pressione necessaria a fare fuoriuscire linfa grezza dal picciolo di una foglia, strizzata come una spugna. Più il valore della pressione è elevato, più la pianta ha bisogno di un’integrazione idrica. L’utilizzo di questa strumentazione permette di accertare al meglio la richiesta di acqua della pianta in tempo reale. In questo modo, e senza dispersioni ambientali, si riesce a fornire un corretto approvvigionamento rispetto al fabbisogno idrico necessario alla fotosintesi, processo che produce assimilati e idrati di carbonio e sottrae al contempo enormi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera. Non a caso, proprio per questo motivo, i noceti sono considerati polmoni verdi dell’ambiente: un vero e proprio serbatoio di ossigeno prezioso per il nostro ecosistema.
Scienza & Tecnica
Ricerca e sperimentazione aprono la strada a strategie innovative e soluzioni sostenibili da attuare quando la pianta del noce si trova in difficoltà. Uno dei più diffusi agenti patogeni è il batterio Gram negativo Xanthomonas arboricola pv. Juglandis, responsabile della batteriosi del noce, una fitopatia che preoccupa gli agricoltori e può fare perdere fino al 60% della produzione stagionale. I sintomi più evidenti di questa malattia, conosciuta anche con il nome di mal secco, sono punteggiature contornate da un alone giallo traslucido e areole necrotiche sulle foglie e sui frutti, oltre a cancri anche molto profondi sui rami. Si tratta di una delle avversità più temibili: il batterio può vivere a lungo su ogni parte della pianta in ogni stagione, si diffonde velocemente attraverso il polline e contamina tutti gli organi florali all’interno. Ad oggi i trattamenti a base di sali di rame svolgono un’importante azione di controllo contro la batteriosi. Tuttavia, stando all’analisi dei rilievi di campo, l’agente causale della malattia, lo Xanthomonas, sta aumentando la resistenza al rame, anche ad alta concentrazione, mentre la legislazione sulle quantità ammesse è sempre più restrittiva, recando preoccupazione generale e stimolando la ricerca di alternative valide. Uno studio pubblicato sotto l’egida di un progetto europeo per la gestione integrata delle malattie delle piante (COST Action CA16107 EuroXanth) ha mostrato quali possono essere le soluzioni da adottare per sconfiggere i patogeni del noce. Un gruppo di ricercatori ha condotto un esperimento in tre noceti di varietà Chandler con età compresa tra tre e sei anni per individuare una strategia di gestione in cui i trattamenti di rame possono essere ridotti e integrati con prodotti innovativi, come ad esempio biomolecole o consorzi microbici, invisibili agenti di sicurezza che assicurano la resistenza delle piante e degli esseri umani all’aggressione delle malattie. I test sono stati effettuati da maggio a settembre, raccogliendo e valutando ogni volta campioni di 100 foglie per tesi e replica, così da poter valutare malattia, incidenza e gravità. La sperimentazione ha mostrato che la malattia è stata significativamente ridotta rispetto alle tesi non trattate, con riferimento ai sintomi comparsi all’inizio e alla metà della primavera. I risultati sono stati sorprendenti. Non solo, infatti, i consorzi microbici hanno mostrato un’attività antibatterica simile a quella dei trattamenti a base di rame ma in alcuni casi hanno registrato performance addirittura migliori, andando a ridurre la malattia circa dell’85% rispetto agli appezzamenti non trattati. L’utilizzo di composti a base di rame, applicati durante la primavera, è ancora il rincipale mezzo di difesa contro la batteriosi del noce ma i risultati favorevoli ottenuti da questa ricerca mostrano come trattamenti autunnali che prevedono bio prodotti o microrganismi permettono di rendere più sostenibile e naturale la estione del frutteto afflitto da Xanthomonas pv. Juglandis. Risulta infatti evidente come possa essere ottenuto un controllo efficiente della batteriosi riducendo gli apporti di rame fino al 54%.
Fonti:
Integrating copper and a microbial consortium for an effective control strategy against the bacterial blight of walnut – euroxanth.eu (Irem Altin, Luca Fagioli,Emilio Stefani)
Le principali malattie del noce da frutto: aspetti epidemiologici e tecniche di controllo (Irem Altim, Emilio Stefani)
Il Mercato Salvo Garipoli | Direttore di SGMarketing
Le noci sono il prodotto con la più elevata frequenza di acquisto all’interno della categoria frutta secca e disidratata: il 35% dei clienti-consumatori le comprano almeno 1 volta a settimana. Lo certifica lo studio condotto da SGMARKETING che ha coinvolto 800 responsabili d’acquisto e consumatori della categoria. Un altro dato è significativo: il saldo tra chi in prospettiva dichiara che ne aumenterà il consumo e chi, invece, afferma che lo diminuirà è positivo del 18%. Le noci possono contare su un posizionamento distintivo guidato da motivazioni di acquisto che, in maniera più marcata rispetto alla categoria nel suo complesso, sono legate al valore salutistico (67%) e al piacere di gusto (45%). Il fattore “benessere”, in particolare, assume maggiore rilevanza per le fasce consumer senior, risultando fattore di innesco per l’82% degli over 55. Tra i criteri di scelta nell’acquisto di prodotto si annoverano l’origine italiana, fattore “molto importante” per il 37% dei rispondenti, seguito dalla convenienza (31%) e dalla sostenibilità in produzione (29%). Centrale il ruolo positivo assegnato alle certificazioni di origine (Dop e IGP) e alla tracciabilità della filiera: 1 consumatore su 4 sottolinea l’importanza della provenienza da regioni vocate e quindi del territorio quale driver per la selezione, acquisto e consumo del miglior prodotto per sé e per i suoi cari. È proprio focalizzando l’attenzione sul valore territoriale che lo studio rileva come gli italiani riconoscano in media 3,5 origini e che tra le regioni italiane vocate, la Romagna presenta una notorietà complessiva pari al 61%: quasi 4 intervistati su 10 affermano di consumarle. Al fine di enfatizzare i connotati valoriali di prodotto e guidare l’azione di acquisto, emerge come strategicamente rilevante il presidio del punto vendita quale media utile a sostenerne visibilità e comunicazione in reparto. In particolare, il racconto della filiera in chiave di sostenibilità economica, sociale ed ambientale, e le informazioni sulle modalità di consumo (come, ad esempio, ricette), diventano espedienti relazionali da attivare per attirare nuovi consumatori. È evidente che siamo al cospetto di un prodotto dal vissuto positivo e dalle prospettive commerciali in crescita. Da questo punto di vista, i valori del “come si produce” associati a quelli del “territorio” di provenienza rappresentano chiavi di lettura funzionali a qualificare l’offerta e a ingaggiare in maniera profittevole il sempre più esigente consumatore contemporaneo.
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